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Si attenuano le difficoltà del commercio al dettaglio in Toscana

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Consumi in ripresa per il secondo anno consecutivo in Toscana, con un recupero di circa il 2% in termini reali nel biennio 2014-2015 che lascia tuttavia il livello degli stessi al di sotto di quasi il 6% rispetto al 2007 (elaborazioni su dati Istat). Sulla base delle anticipazioni fornite da un campione di imprese toscane del commercio al dettaglio in sede fissa (in tutto oltre 57.000 in Toscana, al netto dei rivenditori di auto-moto) nel corso di una indagine realizzata da Unioncamere Toscana, nel 2015 torna in parallelo a crescere la quota di aziende che registrano una variazione positiva delle proprie vendite: un miglioramento che, tuttavia, interessa una parte ancora limitata di operatori (pre-consuntivi in calo per una quota largamente prevalente delle imprese, pari al 43%). Si attenuano le criticità anche sul fronte della liquidità aziendale e dell'accesso al credito: gli imprenditori che hanno dichiarato di ricapitalizzare l'azienda con mezzi propri (30%) restano però più numerosi rispetto a coloro che hanno fatto ricorso all'indebitamento bancario (17%), aspetto che testimonia le difficoltà che tuttora caratterizzano il rapporto fra imprese del commercio, soprattutto di quelle più piccole, ed istituti di credito. Segnali meno negativi provengono anche dalla demografia imprenditoriale: al 30 settembre 2015, il saldo fra aziende nate e cessate nel commercio al dettaglio in sede fissa è prossimo allo zero (-12 il dato annualizzato), rispetto ai valori decisamente negativi registrati alla fine del 2012 (-284).

 

Queste alcune indicazioni contenute nell'ultimo rapporto sulle attività del commercio al dettaglio in sede fissa in Toscana, elaborato dall'Ufficio Studi di Unioncamere Toscana.

 

LA DINAMICA CONGIUNTURALE DELLE IMPRESE DEL COMMERCIO

Sulla base di un'indagine realizzata da Unioncamere Toscana, l'evoluzione del contesto di riferimento ha determinato un miglioramento delle condizioni in cui si trovano ad operare le imprese toscane del commercio al dettaglio, con il 14% che ha manifestato aspettative di crescita del fatturato nel 2015, valore in aumento sia rispetto ai valori di minimo del 2013 che rispetto alla quota di imprese che ha chiuso il 2014 con un volume d'affari in crescita (11%). La positiva dinamica registrata sul fronte congiunturale coinvolge tuttavia una quota ancora limitata di operatori, nella misura in cui resta largamente prevalente la quota di imprese con aspettative di contrazione dei propri ricavi (43%).

Con riferimento ai programmi occupazionali delle imprese, si sono nel frattempo attenuate le criticità emerse con particolare intensità su tale fronte nel corso degli ultimi anni: nel 2015, la quota di aziende con programmi di assunzione è salita al 15% (dal 10% del 2013), ed il saldo fra assunzioni e cessazioni - pur rimanendo ancora negativo - si è decisamente ridimensionato (-3.560 nel 2013, -1.330 nel 2015).

Parallelamente, si registra un'attenuazione dei segnali negativi anche relativamente ai processi di nati-mortalità imprenditoriale: il saldo fra aziende nate e cessate, al 30 settembre 2015, è infatti prossimo allo zero (-12 il dato annualizzato), rispetto ai valori più decisamente negativi di tre anni fa (-284 a fine 2012). Scomponendo il dato complessivo per comparto merceologico, resta tuttavia in positivo solo lo specializzato alimentare (+2,0% la variazione rispetto a settembre 2014), mentre flettono sia lo specializzato non alimentare (-0,3%) che gli esercizi non specializzati (-0,9% quelli a prevalenza di alimentari, -0,8% gli altri).

 

LIQUIDITA' E ACCESSO AL CREDITO

Analogamente a quanto osservato sul fronte delle vendite, anche per quanto riguarda la situazione della liquidità aziendale si osserva una dinamica in miglioramento per una quota di imprese (13%) che resta tuttavia minoritaria rispetto al più ampio segmento che ha segnalato un peggioramento delle proprie condizioni di liquidità (35%). Si noti, a questo proposito, che il 18% degli imprenditori del commercio al dettaglio ha denunciato un aumento dei tempi di riscossione dai clienti, mentre solo il 3% ha dichiarato una diminuzione degli stessi.

Si attenuano comunque le criticità nell'accesso al credito: difficoltà in tal senso vengono espresse dal 26% degli operatori commerciali, una quota in decisa riduzione rispetto ai picchi del 2012 (61%). Su tali difficoltà sembrano incidere in maniera predominante le minori concessioni di credito/scoperto disposte dagli istituti bancari, mentre sono almeno in parte rientrate - rispetto alla più intensa fase di «crisi del debito» attraversata dall'Italia - le motivazioni legate agli elevati tassi di interesse applicati sui prestiti.

Sul fronte del reperimento delle risorse, comunque, gli imprenditori che hanno dichiarato di ricapitalizzare l'azienda con mezzi propri (30%) restano decisamente più numerosi rispetto a coloro che hanno fatto ricorso all'indebitamento bancario (17%), aspetto che sembra testimoniare le criticità che tuttora caratterizzano il rapporto fra le imprese del commercio, soprattutto di quelle più piccole, e gli istituti di credito, solo in parte attenuate (per il 9%) dal ricorso ai Confidi.

 

STRATEGIE E COMPORTAMENTI DEGLI OPERATORI

Le strategie degli operatori restano in definitiva prevalentemente improntate ad un atteggiamento prudente, che si traduce in comportamenti orientati con maggiore frequenza alla razionalizzazione dei costi di gestione (57%) ed alla compressione dei margini (54%). Una quota non trascurabile di imprese cerca tuttavia di «aggredire» il mercato con misure proattive, rivolte soprattutto al miglioramento della qualità dei prodotti/servizi proposti alla clientela (48%) ed all'ampliamento della propria gamma di offerta (40%).

 

CARATTERISTICHE STRUTTURALI DEL SETTORE

Complessivamente, sotto il profilo strutturale, il tessuto del commercio al dettaglio in sede fissa regionale si compone - al 30 settembre 2015 - di 57.398 unità locali registrate, il quinto in Italia per numerosità dopo Lombardia (101 mila), Lazio (94 mila), Sicilia (78 mila) e Puglia (65 mila). Con 15,3 unità locali per 1.000 abitanti, la Toscana si colloca inoltre al di sopra della media nazionale (14,3) e, con le eccezioni di Liguria, Lazio ed Umbria, anche al di sopra delle regioni del Centro-Nord Italia.

Sotto il profilo merceologico, oltre due esercizi su tre risultano operanti nello specializzato non alimentare (69%), mentre quote inferiori riguardano lo specializzato alimentare (16%) ed il non specializzato (12% a prevalenza di alimentari, 3% a prevalenza di non alimentari). Fra le oltre 48 mila unità locali specializzate, la tipologia di esercizi più diffusa riguarda la vendita di articoli di abbigliamento (10.003 unità), seguita a distanza dalla vendita di «mobili, articoli illuminazione e altri articoli per la casa» (3.393).  

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