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a cura di : franco.natali@tos.camcom.it
Newsletter n°  5 -  giovedì 28 maggio 2020 - anno  19

 

Attività Istituzionale
16mila utenti e 150mila visualizzazioni in un mese per RipartireImpresa
Il portale a misura di impresa sull’emergenza Coronavirus

Quasi 16 mila utenti, più di 150mila visualizzazioni, 79 interventi di  assistenza soprattutto sui protocolli di sicurezza e sulle misure economiche, 103 sche­de informative aggiornate. Questo il bilancio, a circa un mese dalla sua messa online, di RipartireImpresa, la piattaforma realizzata da Unioncamere, in collaborazione con InfoCa­mere, per aiutare gli imprenditori a districarsi tra i provvedimenti, nazionali e regionali, diretti al contenimento della diffusione del Covid 19.

 

Raggiungibile all'indirizzo https://ripartireimpresa.unioncamere.it/, dal sito di Unioncamere e da quelli di 62 Camere di commercio e 7 Unioni regionali, il portale consente una ricerca mirata delle norme adottate a livello centrale e locale e dedica particolare attenzione alle opportunità di sostegno economico.

 

La navigazione è semplice e intuitiva. Selezionando l'attività svolta e la regione in cui vie­ne esercitata, è possibile prendere visione dei provvedimenti di principale interesse: atti­vità che possono operare; misure dei Decreti Cura Italia e Liquidità; gli interventi a favore delle imprese previsti dal Decreto Rilancio; i servizi di assistenza disponibili e le iniziative di sostegno delle Camere di commercio. Inoltre, è presente una selezione di notizie conti­nuamente aggiornate e un servizio di assistenza tecnica per gli eventuali problemi di frui­zione.  


Firenze - Il commercio alla prova post covid

" "Il calo dei consumi farà perdere in valore tra 1,2 e 1,7 miliardi a livello di Città metropolitana, scrive l'Ufficio studi della Camera di commercio. Bassilichi: "E' fondamentale riaprire tutte le attività, anche nel centro storico di Firenze, per far tornare la domanda". Salvini: "Meno vincoli per la ripartenza".

 

Il commercio prova a ripartire e fa i conti con le regole imposte dalle norme anti-contagio e con i nuovi trend di consumo delle famiglie, in attesa che tornino i turisti. L'Ufficio studi della Camera di commercio di Firenze ha elaborato due scenari possibili per le quasi 18mila imprese del settore nella Città metropolitana: il più ottimistico, partendo da una prospettiva di Pil in flessione del 9,4% e un calo dei consumi del 6% (shock economico limitato a un arco di tempo di 100-120 giorni), ipotizza una perdita in valore di oltre 1,2 miliardi per le attività commerciali a fine anno; lo scenario peggiore, con Pil a -13,1% e una contrazione dei consumi dell'8,4% (prosegue per tutto il 2020 l'allarme pandemia a livello globale), alza la stima a più di 1,7 miliardi di valore perso per il commercio rispetto al 2019.

 

Nella fase post emergenziale è verosimile che le aspettative negative per l'immediato futuro, come in genere succede in questi casi, potrebbero non solo generare un aumento del risparmio, ma anche modificare in modo più o meno duraturo la struttura dei consumi. E' possibile infatti che vi sia ancora poca propensione ad entrare nei negozi "fisici", continuando a privilegiare gli acquisti di generi non alimentari online e a servirsi della consegna a domicilio dei pasti. Occorre tener presente che non avendo a disposizione studi analoghi su cui basare il modello di analisi (il lockdown in altri Paesi ha avuto tempi e durata diversi e in alcuni non si ci sono nemmeno state chiusure totali dei negozi al dettaglio come in Italia) le stime sull'area fiorentina vanno interpretate come indicazione di tendenza. Sicuramente nei centri cittadini, come quello del capoluogo, le attività al dettaglio recentemente riaperte tra mille difficoltà e cautele, risentono profondamente anche dell'assenza del flusso turistico. Ma anche il consumo "locale" potrebbe cambiare connotazione.

 

"Per far ripartire il commercio, soprattutto a Firenze, è indispensabile che tornino i viaggiatori internazionali con la loro capacità di spesa - sottolinea Leonardo Bassilichi, presidente della Camera di commercio di Firenze -. Serve dunque un'offerta attrattiva, in grado di generare domanda, ecco perché in questa fase è molto importante che tutti possano riaprire, in modo da innescare un circolo virtuoso. La spinta può arrivare dagli stessi operatori, motore dell'economia e vetrina del territorio, pur nelle grandissime difficoltà che sta affrontando il settore. Servirà anche una strategia di rilancio per il centro storico della città, tema di cui già stiamo parlando con le altre istituzioni, per favorire il ritorno delle residenze e delle attività artigianali, da una parte, e dall'altra per sottolineare con forza la sicurezza della destinazione turistica. Chi vuole venire a Firenze - dice ancora Bassilichi -, deve sapere che troverà un'offerta di qualità elevata, sul fronte commerciale e dell'accoglienza, oltre che della cultura, in piena sicurezza per la propria salute".

 

Il report della Camera di commercio sottolinea come la prospettiva di recuperare i "precedenti livelli di domanda sia fortemente correlata proprio alla difficoltà di ripristinare le vecchie abitudini". In altre parole, continueranno a crescere gli acquisti online di prodotti non alimentari, mentre faticherà a risalire la propensione a frequentare i negozi. Un clima che si ripercuote sulle aspettative degli imprenditori, come dimostra il fatto che nel mese di aprile di quest'anno le iscrizioni al registro delle imprese della Camera, per quanto riguarda il commercio al dettaglio, si sono azzerate.

 

"I numeri evidenziano la criticità del momento - commenta Giuseppe Salvini, segretario generale della Camera di commercio di Firenze -. Nei negozi al dettaglio, l'azzeramento delle nuove iscrizioni testimonia il sentimento di profonda incertezza di chi deve investire. La cautela condizionerà anche il comportamento dei consumatori nelle prossime settimane - aggiunge - servono incentivi mirati e una forte spinta semplificatrice per aiutare la ripartenza. E da parte di tutti serve il coraggio di guardare al futuro con positività e senso di responsabilità, grazie anche allo sforzo che le nostre imprese stanno dedicando al tema della sicurezza dei loro dipendenti e dei loro clienti". 


Imprese: 1 su 4 ha investito prima del lockdown sul lavoro agile
Nel centro Italia lo smart working una opportunità per il 23% delle aziende

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Alla prova del lockdown, una impresa su quattro è arrivata - almeno in parte - preparata: il 24,6% delle imprese italiane, infatti, ha investito nell'adozione di sistemi di smart working per innovare il proprio modello organizzativo aziendale tra il 2015 al 2019.

 

Il dato, che emerge dal bollettino annuale del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, è cresciuto rispetto al 2018 (23,5%) e segue un trend di incremento consistente, destinato probabilmente a conoscere una ulteriore impennata nel prossimo futuro.

 

Non tutti i settori, ovviamente, si sono potuti adattare all'introduzione del lavoro agile nella stessa maniera. L'ambito più ricettivo è quello delle Public utilities (luce, acqua, gas) in cui il 34,7% delle imprese ha dichiarato di aver investito in smart working, a seguire quello dei Servizi (25,5%), l'Industria (22,5%) e fanalino di coda, come facilmente immaginabile, le Costruzioni (19,9%).

 

All'interno del mondo dei servizi, hanno investito in smart working il 50,9% delle imprese di Servizi informatici e delle telecomunicazioni, il 48,8% delle imprese di Servizi finanziari e assicurativi, e il 40,3% dei Servizi avanzati di supporto alle imprese. A questa modalità di lavoro a distanza hanno invece guardato solo il 15,7% delle imprese dei Servizi culturali, sportivi e altri servizi alle persone e il 17,9% dei Servizi di alloggio e ristorazione e servizi turistici.

Nel sistema industriale, sul lavoro agile hanno puntato il 33,3% delle Industrie elettriche, elettroniche, ottiche e medicali, il 32,8% per le Industrie chimiche, farmaceutiche e petrolifere e il 29,6% delle Industrie di fabbricazione macchinari.

Il Mezzogiorno è l'area del Paese in cui maggiormente le imprese hanno puntato sul lavoro a distanza, un'opportunità offerta dalla tecnologia per colmare altri gap strutturali. A favore di questa modalità organizzativa hanno investito il 27,1% delle imprese meridionali. A seguire il Nord Ovest, con il 24,1%, il Nord Est con il 23,5%, quindi il Centro con il 23%.

 

A fare la differenza, però, è soprattutto è la classe dimensionale delle imprese. L'innovazione del lavoro agile riguarda infatti il 53,1% delle aziende con più di 500 dipendenti, il 50,3% delle aziende tra i 250 e i 499 dipendenti e il 41,8% delle aziende tra i 50 e i 249 dipendenti. La percentuale scende per le imprese più piccole. Infatti si notano investimenti in smart working solo per il 31,1% delle imprese tra i 10 e i 49 dipendenti, e per il 21,3% di quelle tra 1 e 9 dipendenti.

Lo smart working è però solo una delle possibili modalità  organizzative e dei nuovi modelli di business che stanno adottando le nostre imprese messi a disposizione dalla trasformazione digitale.

 

Excelsior mostra infatti che nel 2019 ben il 36,9% delle imprese (contro il 35,4% del 2018) ha dichiarato di aver investito in attività di digital marketing. Al primo posto il settore dei servizi (39,3%), al secondo quello delle Public utilities al 37,3%, poi al 31,2% il settore dell'Industria e il 25,5% in quello delle Costruzioni.

 

Dal punto di vista territoriale si nota una sostanziale omogeneità tra tutte le aree del paese in cui spiccano sia il Nord Est con il 37,5%, sia il Sud e le isole con il 37,3%. A seguire il Nord Ovest con il 36,9% e il Centro con il 35,8%.

Le imprese più grandi hanno un tasso maggiore di investimenti in digital marketing: l'innovazione riguarda infatti il 70,5% delle aziende con più di 500 dipendenti, il 68,3% delle aziende tra i 250 e i 499 dipendenti e il 58,5% delle aziende tra i 50 e i 249 dipendenti. La percentuale scende per le imprese più piccole. Infatti, sui canali di promozione e vendita online hanno puntato un buon 44% delle imprese tra i 10 e i 49 dipendenti e il 33% di quelle tra 1 e 9 dipendenti. 


Imparare (in digitale) per ripartire
Giuseppe. Salvini: “Occasione di sviluppo”. Del Re: “Il Comune punta sul progetto”.

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"Non smettere mai di imparare perché la vita non smette mai di insegnare", citazione anonima che potrebbe diventare il motto dell'ultima tra le molteplici iniziative che la Camera di commercio, insieme alla sua azienda speciale PromoFirenze, ha messo in campo per aiutare le aziende ad uscire dalla crisi economica scatenata dal coronavirus. Gli scenari economici mondiali e nazionali sono cambiati e le imprese devono rivedere il modello di business, anche attraverso un maggiore ricorso alla digitalizzazione che in questi mesi di lockdown ha consentito a molte attività di andare comunque avanti.

 

Per traghettare le imprese attraverso questo percorso di cambiamento obbligato, la Camera di commercio, attraverso PromoFirenze e il proprio Punto impresa digitale (Pid), in collaborazione con i partner dell'ecosistema per l'innovazione fiorentino - riuniti sotto il marchio ideato dal Comune di Firenze "makenextinflorence.org" (Comune Di Firenze, Nana Bianca, Murate Idea Park, Università degli Studi-Centro Csavri, Fondazione per la Ricerca e Innovazione, Impact Hub e Student Hotel) - ha allestito una piattaforma di formazione a distanza https://www.promofirenze.it/formazione-a-distanza/, che collabora anche con TRIO, il sistema di web learning della Regione Toscana.

 

Si tratta di uno strumento di formazione gratuito, continuamente aggiornato, diviso in cinque grandi macro aree: promozione online, vendita online, gestione e organizzazione, smart working, turismo; grazie ad un pratico strumento di ricerca, utilizzando parole chiave e tag specifici, è possibile cercare tra i numerosi contenuti (pillole formative, tutorial, webinar) messi a disposizione dai vari partner del progetto, quelli di proprio interesse.

"La crescita digitale delle imprese è fondamentale per avere un'economia sempre più forte e competitiva, in grado di confrontarsi in ambito mondiale e anche di resistere meglio a eventi traumatici come la pandemia che ci ha investito negli ultimi mesi", commenta Giuseppe Salvini, segretario generale della Camera di commercio di Firenze. "La piattaforma web per la formazione a distanza è uno strumento di facile utilizzo e gratuito - aggiunge - che abbiamo messo a disposizione degli imprenditori grazie alla nostra azienda speciale PromoFirenze, con l'obiettivo di trasformare una fase di criticità in un'occasione di sviluppo e d'innovazione".

 

Per Cecilia Del Re, assessore all'Innovazione tecnologica del Comune di Firenze, si tratta di "Un progetto di formazione digitale importante, condiviso con la rete dell'ecosistema fiorentino dell'innovazione, che supporterà la Camera nella diffusione di questo strumento ma anche nella sua implementazione. L'ecosistema fiorentino serve proprio a rafforzare le attività messe in campo da ciascun soggetto nell'innovazione dei modelli sociali e d'impresa, nel suo ruolo di motore di crescita - aggiunge -. Nella fase dell'emergenza, l'innovazione e la rete hanno confermato la loro grande vitalità e importanza, con un supporto ad esempio delle vendite online a domicilio, sviluppate anche grazie al portale condiviso dal Comune di Firenze con la Camera di commercio e altri soggetti". 


Demografia d’impresa nelle province di Grosseto e Livorno
I trimestre 2020

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"La Camera di Commercio ha garantito al pubblico la piena operatività dei servizi essenziali anche nei giorni di lockdown grazie ad un livello di digitalizzazione che ci vede all'avanguardia nel panorama della PA. e che ci ha consentito di adottare un modello efficiente di smartworking. Tra le molteplici attività svolte, abbiamo assistito l'utenza sulle problematiche relative al codice ATECO, un sistema di codificazione dell'attività svolta dall'impresa che abbiamo sentito più volte ricordare nei giorni "caldi" e che, in base a quanto disposto dall'apposito DPCM, identificava le imprese per le quali era consentita o meno la prosecuzione dell'attività -  sottolinea il presidente Riccardo Breda - le informazioni relative al codice ATECO estratte dalla banca dati Infocamere sul nostro territorio sono state poi elaborate dal nostro Centro Studi, arricchendo il periodico report sull'andamento trimestrale della dinamica delle imprese con un importante contesto numerico di riferimento, utile per meglio comprendere l'intensità dell'inatteso e pesante blocco di attività che ha colpito il tessuto imprenditoriale nel corso della "fase 1".

 

Le cellule produttive (sedi d'impresa più unità locali) cui è stato consentito di proseguire la propria attività economica durante la fase di lockdown ammontano a quasi 41 mila, per circa 110 mila addetti; a fronte delle oltre 77 mila (con 170 mila lavoratori) che costituiscono il totale delle iscritte al Registro della CCIAA Maremma e Tirreno. Oltre 36 mila sono pertanto le imprese cui è stato imposto il fermo dell'attività, per oltre 60 mila addetti, ben 20 mila dei quali operano nel solo settore "alloggio e ristorazione".

 

Il primario è il macrosettore sicuramente meno coinvolto dal periodo di forzata inattività, visto che quasi il 98% delle imprese (96% degli addetti) ha potuto continuare, in linea teorica, nel proprio lavoro. La percentuale relativa alle imprese si riduce a meno di due terzi del totale per il macrosettore secondario (estrattivo, manifatturiero e fornitura utenze varie), per continuare a scendere significativamente a poco più della metà per il terziario (commercio e servizi) e circa un terzo per le costruzioni.

Data la notevole differenza che intercorre in termini di addetti medi per impresa tra macrosettori, le incidenze calcolate per gli addetti non seguono in maniera pedissequa quelle delle imprese. Infatti, hanno continuato a lavorare grosso modo poco meno dei due terzi degli addetti del secondario e del terziario e la metà di quelli delle costruzioni. Nello specifico, è stato consentita l'attività di circa un quarto delle imprese del commercio all'ingrosso (43% in termini di addetti) ed oltre la metà di quelle al dettaglio (70% addetti), si è dimezzato il manifatturiero locale (56% imprese e stessa percentuale addetti) e si è quasi azzerata l'attività di alloggio e ristorazione (10% imprese, 20% addetti). Si rileva la totale (o quasi) fermata del settore estrattivo, delle attività immobiliari e delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento o divertimento.

 

Per quanto riguarda invece l'analisi del movimento anagrafico delle imprese nel trimestre gennaio-marzo 2020, si rileva che questo risente solo parzialmente della situazione critica descritta sopra, vuoi perché interessa solo in parte il periodo di chiusura forzata (una ventina di giorni sui novanta del trimestre) e vuoi perché le dinamiche connesse al registro delle imprese hanno un andamento che sconta un "ritardo fisiologico" rispetto alla situazione dell'economia reale. Anche se la demografia d'impresa è uno strumento di per sé poco adatto a misurare rapidamente la "febbre" della realtà territoriale che va ad indagare, ciononostante nella fattispecie emergono chiare alcune criticità riconducibili anche all'emergenza epidemiologica.

Al 31 marzo 2020, le sedi registrate ammontano a 61.678, numero che, in ottica tendenziale, certifica un ammanco di 150 unità, -0,2% in termini relativi. Tale diminuzione è solo in parte dovuta alle conseguenze dalla pandemia: il tessuto economico locale aveva già da qualche trimestre assunto un orientamento in tal senso. Possiamo semmai affermare che la situazione d'emergenza ha contribuito a tale tendenza, osservando l'andamento delle sedi d'impresa inattive, che nel trimestre in esame sono aumentate del 2,4% in ragione d'anno, ossia più di quanto abbiano fatto nel primo trimestre dei tre anni precedenti.

 

Nel periodo in esame si sono iscritte 1.120 nuove imprese (615 a Livorno e 505 a Grosseto) e, al contempo, sono state cancellate 1.360 posizioni (rispettivamente, 775 e 585). Il saldo è dunque stato negativo per 240 unità (-160 Livorno e -80 Grosseto), contro le -227 del primo trimestre 2019. A livello tendenziale, le iscrizioni mostrano un forte arretramento, primo vero segnale delle conseguenze dello stop forzato: chi, soprattutto nel mese di marzo, aveva intenzione di creare una nuova impresa, data la situazione ha ovviamente preferito attendere. Il numero di iscrizioni si pone ampiamente come il più basso dal 2009 ad oggi. A mitigare questa situazione c'è il fatto che anche le cessazioni risultano in forte calo tendenziale, fenomeno peraltro non riconducibile al lockdown, considerato che la comunicazione di cessazione attività al Registro Imprese può essere effettuata, ormai da oltre 10 anni, in esclusiva via telematica. Si può comunque affermare che proprio tale andamento ha contribuito a mantenere il saldo tra entrate ed uscite su un livello che rientra ampiamente nella normalità. 


Agenda degli Appuntamenti
DataDove/ChiEvento
13 maggio - 17 giugno Camera di Commercio di Prato Ciclo di webinar Parliamo di...


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