L'intervento di Enrico Ciabatti
Si è svolta il 12 ed il 13 giugno scorso alla Camera di Commercio di Pisa una seguitissima "due giorni" organizzata dalla stessa Camera di Commercio pisana in collaborazione con l'Ispettorato per il Controllo della Qualità dei Prodotti Agroalimentari (ICQ) ed Unioncamere Toscana, tesa ad approfondire un tema di grande attualità quale quello relativo all'utilizzo dei marchi che contraddistinguono i prodotti agroalimentari di qualità.
Nel corso del seminario è stata analizzata la normativa vigente in materia e sono stati esposti alcuni casi pratici oltre ad esperienze vissute sul campo, si è potuto così giungere, grazie anche al contributo di rappresentanti del modo accademico, ministeriale e della consulenza, ad un chiarimento sulla giurisprudenza e sulla competenza e priorità delle fonti di diritto tra le varie Istituzioni coinvolte, quali Comunità Europea, Stato, Regioni, Province e Camere di Commercio.
I lavori della prima giornata sono stati aperti da Enrico Ciabatti - Segretario Generale di Unioncamere Toscana - che, dopo aver salutato i partecipanti ai lavori, ha detto:
"Come i maestri di strategia aziendale ci insegnano, le imprese competono sostanzialmente con due strategie: la leadership di costo e la differenziazione del prodotto. Quest'ultima in particolare consiste nell'inserimento nel bene/servizio prodotto di un qualche cosa che appunto lo "differenzi" rispetto ai beni/servizi dei competitors. Tra gli strumenti di differenziazione non vi è dubbio che trovi risalto la cosiddetta "identità di marchio", cioè quel senso di conoscenza e di immedesimazione che i consumatori gli attribuiscono. L'identità di marchio è complessa e costosa da raggiungere ed una volta ottenuta, può bastare poco per distruggerne la reputazione.
Certamente l'identità di marchio è tipica delle imprese di maggiori dimensioni, essendo legata agli sforzi economici necessari per raggiungerla e mantenerla. Operazione che sfugge, per necessità di cose alla quasi totalità di nostre micro e piccole imprese, che come noto a tutti rappresentano ben oltre il 95% di tutte le imprese.
Come possono allora queste reagire alla competizione delle imprese più grandi che sembrerebbe sopra avanzarle e richiuderle in un oblio senza speranza ? Certamente quello dei marchi di identificazione d'origine ( o di prodotto o di processo) di un prodotto è una efficace e sostanzialmente poco onerosa strategia da condividere con altre imprese dalle medesime caratteristiche.
Vale però anche un'altra considerazione. L'internazionalizzazione e la successiva globalizzazione dei mercati ha portato con sé anche la creazione di numerosi prodotti "globali", cioè di prodotti che ritroviamo indistintamente in tutte le parti del mondo. Prodotti che con qualche eventuale lieve modifica copre le stesse esigenze di soddisfazione in tutti i supermercati (anche loro hanno un ruolo particolare nel processo in esame) di tutti le città di tutti gli stati del mondo. Questi processi portano inevitabilmente ad un depauperamento dei prodotti locali a favore dei prodotti "globali" con tutte le conseguenze sui piccoli produttori locali, incapaci di offrire prodotti che per quantità ed immagine trovino posto nella spesa delle famiglie italiane, americane, giapponesi, ecc.
Anche in questo caso come possono allora queste micro e piccole reagire alla competizione delle imprese più grandi che sembrerebbe sopra avanzarle e richiuderle in un oblio senza speranza ? Certamente quello dei marchi di identificazione d'origine (di prodotto o di processo) di un prodotto è una efficace e sostanzialmente poco onerosa strategia da condividere con altre imprese dalle medesime caratteristiche.
Allora quello dei marchi è un'esigenza economica (nel senso di strategia competitiva) di numerose imprese che altrimenti non sarebbero visibili e sarebbero quindi destinate ad un neppure tanto lento declino.
Però come sempre capita nei fatti economici "l'interesse pubblico" sottostante in termini di tutela della fede pubblica ha portato a farli diventare un fatto giuridico e un fatto amministrativo, con i controlli. Ciò soprattutto dopo la proliferazione di tipologie di marchi che il mercato ha inventato e di soggetti che si sono fatti artefici della loro proposizione: a cominciare dall'Unione Europea, passando per lo Stato, le Regioni, le Camere di Commercio stesse, gli Enti locali, fino naturalmente alle imprese con quelli volontari. Marchi che sono cresciuti enormemente come numero (qualcuno dice anche troppo), che portano ad una difficoltà di percezione del consumatore e quindi ad un'indifferenziazione del prodotto. Cioè l'opposto della strategia per cui sono nati. C'è inoltre chi li accusa di essere una barriera all'entrata e quindi di fare concorrenza sleale.
Anche i fatti che ormai da troppi giorni (penso alla Campania, ma anche alla nostra Toscana) leggiamo sui giornali, riguardanti prodotti che si fregiano dei riconoscimenti comunitari, fanno obiettivamente riflettere, sia come imprese "oneste" che subiscono un danno, sia come consumatori "inconsapevoli" che anch'essi subiscono un danno (economico sicuramente, ma talvolta anche nella salute), sia come Pubblica Amministrazione spesso "impotente".
Il convegno ha focalizzato l'attenzione sui marchi dei prodotti agroalimentari. Abbiamo escluso tutto quel mondo (in Europa ne esistono moltissimi) di valorizzazione dell'identità delle produzione non agroalimentare: ceramiche, arazzi, merletti, strumenti musicali, vetri e cristalli, lame, materie prime, ecc. Ritengo che anche questi prodotti, qualora abbiano le caratteristiche delle produzioni agroalimentari tipiche debbano avere la possibilità di fregiarsi di un riconoscimento. Riconoscimento che è oggi volontario (in Italia, mentre in altri paesi è giuridico). Con il collega Olivieri ed il Sistema camerale nazionale stiamo approfondendo la questione per cercare, auspicabilmente, di raccogliere il necessario consenso e portare una proposta di regolamentazione in sede comunitaria sulla falsa riga di quella alimentare. Vedremo se "son rose, fioriranno".
L'interesse sulla specifica materia del Sistema camerale in generale è molteplice:
- promozionale: da numerosi anni portiamo avanti iniziative che hanno promosso il riconoscimento di prodotti alimentari (e non: penso al marmo di Carrara, al formaggio delle balze di Volterra, al marchio Agriqualità).
- controlli: le Camere sono chiamate a fare numerosi controlli (prossimamente, alla stregua dei Consorzi di tutela dei vini, per alcune denominazioni che non hanno Consorzi sufficientemente strutturati.
- amministrative in generali: con il rilascio a seguito delle denuncia uve, dei certificati di rivendicazioni dei vini a D.O.
Funzioni svolte nell'ottica della tutela del mercato e nello sviluppo dello stesso, che, è bene ricordarlo, non è limitato al solo mondo della produzione agricola, ma che coinvolge necessariamente anche il settore industriale/artigianale, quello del commercio e del turismo. I programmi targati "Vetrina Toscana" e "Vetrina Toscana a Tavola" con la ns. Regione si fregiano di marchi registrati per la valorizzazione dei canali di distribuzione (dettaglio e ristorazione) attraverso la vendita/consumo delle produzioni tipiche certificate della nostra Regione.
I soggetti invitati a questo tavolo, hanno ruoli diversi, competenze diverse ma la scelta fatta non è casuale le problematiche che saranno affrontate in questa due giorni coinvolgono ed interessano di fatto figure professionali differenti, e il tentativo è proprio quello di riuscire a chiarire e condividere non solo delle nozioni (concetto di marchio depositato e registrato, marchio collettivo , DOP, IGP) ma anche e soprattutto chiarire e condividere quali siano le norme da applicare e le procedure da seguire, quale sia il rapporto/il legame tra le diverse norme, quale sia il ruolo informativo e di controllo che soggetti coinvolti possono avere ed offrire al di là di quanto prevede la normativa in essere. E' auspicabile che da questo tavolo possa scaturire un modus operandi comune, una linea guida per gli addetti ai lavoro".