
c o m u n i c a t o s t a m p a
Il 2012 sarà un anno di recessione e di grande incertezza
La situazione economica della Toscana rivela una forte capacità di tenuta della regione, ma il rischio di un peggioramento del livello generale di benessere non è da sottovalutare
Firenze, 5 giugno 2012 - La Toscana sta affrontando una fase di grande incertezza che rende particolarmente difficile prevederne il futuro economico. Da un lato lo scorso quadriennio evidenzia l'elevata capacità di resistenza che il sistema economico regionale ha mostrato nell'attraversare questo lungo periodo di intensa crisi, dall'altro è importante non sottovalutare l'attuale crisi che rischia di condurre ad un peggioramento strutturale del livello di benessere. Queste le valutazioni del Rapporto sulla situazione economica della Toscana, presentato oggi a Firenze ed elaborato da IRPET e Unioncamere Toscana.
Per il 2011 il rapporto evidenzia il rallentamento della crescita più pesante nella seconda metà dell'anno e il ruolo giocato dalla domanda estera, sia esportazioni, sia spesa dei turisti, in particolare dei paesi emergenti, nello stimolare la seppur modesta crescita realizzata. Questo a fronte di una domanda interna che vede diminuire gli investimenti, con una flessione particolarmente marcata delle costruzioni, contrarsi potere d'acquisto e quindi consumi da parte delle famiglie, diminuire di quasi un punto percentuale la spesa della pubblica amministrazione.
Venendo ai dati, complessivamente nel 2011 la produzione è risultata in flessione in tutti i principali macro-settori dell'economia toscana (agricoltura, industria in senso stretto, costruzioni, servizi non market). Si tratta di una flessione relativamente contenuta (entro il -1%), eccezion fatta per le costruzioni che cadono di oltre il 7%. In positivo soltanto i servizi market.
Il manifatturiero nel quarto trimestre del 2011 vede rallentare la produzione, gli ordinativi e il fatturato, che resta comunque leggermente positivo. Le imprese reagiscono attraverso politiche di compressione dei margini, che nel medio/lungo periodo limitano fortemente la capacità di autofinanziamento delle imprese e i piani di investimento. La situazione del manifatturiero è disomogenea: stanno meglio le imprese che hanno relazioni con l'estero, quelle a più elevato contenuto tecnologico o posizionate su segmenti di offerta qualitativamente più elevati e le grandi e medie dimensioni. Se in questi casi si assiste a dinamiche di sviluppo, la micro impresa incontra difficoltà sempre più accentuate.
Nelle costruzioni cala la domanda di case da parte delle famiglie, anche per le crescenti difficoltà di accesso al credito, diminuiscono gli investimenti delle imprese e la PA ha difficoltà ad avviare nuovi lavori.
L'agricoltura malgrado una leggera flessione della produzione, vede crescere le esportazioni, anche se calano i margini di profitto e aumentano le difficoltà con le banche.
I servizi sono sostenuti principalmente dalla domanda turistica. Quelli destinati alle famiglie e il commercio sono in difficoltà, mentre cresce il terziario a più elevata intensità di conoscenza e ad alto contenuto tecnologico, che occupa personale qualificato.
Al di là degli aspetti più strettamente congiunturali e di mercato, le imprese evidenziano due grandi criticità: la gestione della liquidità e del circolante e le condizioni di accesso al credito, soprattutto per imprese nuove nate, imprese esportatrici, imprese di grandi dimensioni.
Nel 2011 si recupera in Toscana circa un migliaio di posti di lavoro, mentre il tasso di occupazione passa dal 63,8% del 2010 al 63,6% del 2011. Allo stesso tempo il tasso di disoccupazione, stimato al 6,6%, è in crescita nel 2011 rispetto al 2010.
I dati appena esposti, sostengono i ricercatori IRPET e Unioncamere, per quanto non esaltanti, sono meno gravi di quanto era prevedibile a seguito delle gravi cadute che hanno caratterizzato l'attività produttiva in questi anni.
In un ottica di lungo periodo, nel 2011 i ricercatori constatano la chiusura di un primo ciclo, durato quattro anni, avviato dalla crisi finanziaria di fine 2007. Un ciclo caratterizzato da una prima fase recessiva particolarmente acuta e da una successiva ripresa che, però, ha consentito un recupero solo parziale delle perdite subite nel biennio iniziale. In 4 anni si sono persi 22 mila posti di lavoro e la disoccupazione è salita al 6,6% dal 4,3% del 2007. La situazione, molto meno drammatica di quella vissuta ad esempio nel 1993, si è assestata su livelli migliori delle previsioni - 55mila occupati - grazie alla maggiore flessibilità del mercato del lavoro ed al sistema di welfare che, tramite la CIG, ha sostenuto molte posizioni a rischio. La tenuta ha comunque determinato un indebolimento complessivo del sistema: le tensioni si sono distribuite su una massa notevole di lavoratori, il passaggio al part-time è stato per la maggioranza involontario, così come l'aumento delle forme di auto-impiego, soprattutto nel settore dei servizi. Gli oltre 20 mila posti di lavoro in meno derivano dalla somma tra 40 mila posti in più coperti da stranieri e 60 mila posti in meno per gli italiani e la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 25%.
Negli ultimi 4 anni sono state le famiglie a fare da ammortizzatore sociale nei confronti delle imprese e degli individui, ma le stesse famiglie hanno vissuto una flessione del reddito del 2,6%, è aumentata la disuguaglianza e la povertà, relativa e assoluta, soprattutto per le famiglie più giovani.
Le imprese hanno resistito, ma si sono progressivamente indebolite, fino all'attuale precipitare delle aspettative a breve, alla flessione del numero di imprese che ricapitalizzano l'azienda con risorse proprie e alla minore diffusione di comportamenti ed orientamenti strategici a carattere proattivo.
Alla crisi si è aggiunta anche la crisi dei bilanci pubblici, che fa prevedere nei prossimi anni una diminuzione del sostegno dello Stato.
Per il 2012 i ricercatori prevedono un anno di recessione determinato dagli effetti delle manovre di controllo dei conti pubblici successivi alle manovre promosse dal governo e dal rallentamento della crescita mondiale. Il PIL toscano potrebbe subire una caduta stimabile attorno all'1,7% con conseguenze anche sulla domanda di lavoro che, potrebbe ridursi di circa 20 mila unità. Le ricadute di questa nuova flessione della domanda saranno avvertite da tutti i settori: manifatturiero, costruzioni, servizi e commercio. Ma il male maggiore per la Toscana del futuro prossimo resta l'assoluta incertezza delle prospettive che attiva meccanismi di sfiducia difficili da bloccare che a loro volta spingono gli operatori verso scelte remissive che autoalimentano la spirale negativa.
Il Rapporto IRPET-Unioncamere per uscire dall'attuale congiuntura negativa suggerisce di attivare processi di accumulazione che favoriscano l'accrescimento della produttività e quindi della competitività delle imprese e di intraprendere iniziative che facilitino la nascita e l'attrazione di nuovi soggetti imprenditoriali.. D'altro lato evidenzia la necessità di sostenere nuclei di imprese toscane dinamiche e in evoluzione positiva attorno alle quali si può ricreare la capacità dell'intero sistema produttivo di tornare a crescere.

Il punto di vista di Vasco Galgani - Presidente Unioncamere Toscana
"La decima edizione del Rapporto IRPET - Unioncamere disegna uno scenario tutt'altro che positivo: la ripresa del 2010 si è spenta, il motore della crescita si è di nuovo fermato (PIL a +0,2% nel 2011) e il 2012 preannuncia una nuova fase di contrazione dell'attività economica.
Se le previsioni saranno rispettate (PIL a -1,7% nell'anno corrente), a fine anno il livello della ricchezza prodotta dalla nostra regione sarà ancora al di sotto di circa cinque punti percentuali rispetto al 2007: una situazione per molti versi peggiore di quella del 2009, in cui le imprese sono provate dal prolungarsi di una situazione che per molti non sembra presentare vie d'uscita.
Ci sono situazioni positive: l'aumento delle esportazioni, la crescita del fatturato delle medie e grandi imprese manifatturiere, l'incremento delle presenze turistiche e gli eccellenti risultati dell'alta tecnologia, ma non riescono a trainare il resto del tessuto economico regionale fuori dal lungo tunnel della crisi.
Gli imprenditori, come evidenzia una indagine realizzata da Unioncamere Toscana due mesi fa su 1.500 imprese, sono scoraggiati e ricorrono sempre meno a strategie per la crescita. Sono penalizzati soprattutto da criticità nella gestione del circolante e nell'accesso al credito. Come Sistema Camerale chiediamo che la valutazione del merito creditizio venga effettuata con attenzione, in modo che le risorse giungano prioritariamente alle imprese che sono realmente in grado di esprimere un potenziale di crescita.
È inoltre necessario che la Pubblica Amministrazione trovi al più presto un rimedio al problema dei ritardati pagamenti, fenomeno certo non nuovo ma la cui soluzione assume in questo momento caratteri di vera urgenza. Così come prioritari sono gli interventi a sostegno dei processi di internazionalizzazione delle imprese, ora più di prima indispensabili in molti casi per favorire il ritorno su un sentiero di crescita stabile e duraturo."