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  Presentazione del Rapporto sull'Economia Toscana 2013

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c o m u n i c a t o s t a m p a

 

Il 2013 nel segno della recessione, la crisi allenta la presa dal 2014
La Toscana, dopo aver dimostrato un'alta capacità di resistenza,
ora necessita di investimenti in grado di rilanciare l'economia
 

Firenze, 11 giugno 2013 - Anche per la Toscana il 2012 è stato un anno di recessione sebbene con risultati migliori di quelli del resto del paese (-2,1% la caduta del Pil contro il -2,4% dell'Italia), Dall'inizio della crisi il PIL ha quindi subito una contrazione di circa il 5%: una caduta che, seppur meno marcata rispetto a quella di altre regioni, resta pur sempre la più grave degli ultimi 50 anni.

Tuttavia, se da un lato si conferma la buona capacità di resistenza dell'economia toscana, è evidente che senza interventi strutturali in grado di rilanciare soprattutto gli investimenti sarà difficile prevedere in tempi rapidi il ritorno ad una crescita significativa: la fine della fase recessiva è infatti rimandata al 2014 e solo nel 2015 si potrà ritornare ad un, seppur lento, aumento del PIL.

 

Queste le valutazioni del rapporto sulla situazione economica della Toscana presentato oggi a Firenze, e realizzato da IRPET e da Unioncamere Toscana.

Dal rapporto emerge che nel 2012 è cresciuto ancora l'export, ma che la domanda interna ha registrato una significativa flessione. Il mercato internazionale, con una crescita delle esportazioni del 3,9% in termini reali (l'Italia fa peggio con una variazione dell'1,7%), si conferma come il solo motore della crescita regionale. Sul fronte delle vendite all'estero la Toscana è la regione che più ha recuperato dopo la crisi del 2008, tanto che oggi il suo peso sull'export nazionale (8,3%) è ritornato sui massimi storici toccati nel lontano 1994

Nel 2012 la nuova decisa inversione del ciclo economico ha interessato tutti i principali macro-settori dell'economia. Ancora una volta sono state le costruzioni a soffrire di più, anche per problemi di liquidità e per i ritardati pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione. La flessione è stata poi rilevante per lo stesso manifatturiero, malgrado la spinta proveniente dai mercati esteri.. Sotto il profilo dimensionale, tiene soprattutto il gruppo delle medie imprese.

L'agricoltura, pur risentendo delle condizioni climatiche sfavorevoli, ha chiuso l'anno in linea con i livelli del 2011 in termini di valore aggiunto nominale, soprattutto per un miglior andamento dei prezzi relativi. Buone le performance delle produzioni tipiche regionali sul fronte dell'export.

Segnali maggiormente positivi dal terziario, grazie alla tenuta dei flussi di turismo internazionale ed al contributo dei segmenti a più elevata qualificazione. Fra i servizi market aumentano però le difficoltà del commercio al dettaglio, dove anche il comparto alimentare ha fatto registrare una significativa caduta dei fatturati.

Il potere d'acquisto delle famiglie si è ridotto di circa il 4% nel solo 2012 (in totale 6 punti percentuali dal 2008, ma per l'Italia si parla di circa 9 punti). Un risultato su cui pesano gli andamenti del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto nel 2012 il 7,8%, un valore che non si registrava dalla fine degli anni '90. Aggiungendo ai disoccupati "convenzionali" anche i lavoratori in cassa integrazione e quelli che non ricercano un impiego, pur desiderandolo, si arriva all'11%. In questo quadro, i giovani costituiscono la categoria più colpita dalla crisi economica.

Purtroppo la fine della fase recessiva non è vicina. Infatti anche nell'anno in corso, il Pil risulterà in calo dell'1,4% (leggermente meglio del resto del paese). Il 2014 dovrebbe rappresentare l'anno di transizione verso una nuova fase di crescita che, seppur in modo contenuto, si dovrebbe manifestare soprattutto nel 2015.

Le previsioni sono, tuttavia, molto incerte anche perché di fronte ad una crisi così profonda e prolungata è molto probabile che gli operatori stiano cambiando radicalmente i propri comportamenti.

Le famiglie a fronte di un calo del reddito disponibile e di aspettative sempre più incerte stanno rivedendo il proprio paniere di consumo, comprimendolo, ma anche modificandone la composizione: infatti, i beni durevoli hanno registrato un tracollo (-11%), anche se la contrazione più sorprendente è nell'acquisto di alimentari (-2%).

Diversi e talvolta contrastanti gli atteggiamenti delle imprese. C'è chi, di fronte al prolungarsi della crisi, ha preferito abbandonare il campo, e chi ha invece fortemente ridotto la spesa per gli investimenti. Chi invece, attraverso il taglio dei costi e la compressione dei margini, ha ricercato condizioni di economicità e di competitività di prezzo, e infine chi ha puntato su miglioramento dei prodotti e dei servizi offerti, scommettendo su innovazione, nuovi canali distributivi e promozionali, ricerca di nuovi sbocchi commerciali, maggiori investimenti in risorse umane qualificate.

Infatti assieme ad un marcato aumento delle cessazioni d'impresa (+9,2% rispetto al 2011) non mancano esempi di imprese che riescono a mantenere buoni risultati: in particolare le medie imprese, ma anche le piccole laddove si sono posizionate su settori, anche terziari, a più alto contenuto di conoscenza. Alcune di queste imprese avevano registrato negli anni precedenti alla crisi incrementi consistenti di addetti e di fatturati (per questo si usava il temine di imprese "high growth"), risultati spesso confermati anche nel corso di questa fase, mostrando come vi sia comunque un nucleo non trascurabile di imprese in grado di rispondere efficacemente.

I mercati internazionali saranno la principale forza in grado di trascinare la nostra economia fuori dalla crisi ma andranno supportati da un rilancio della domanda interna, dato che il loro peso sulla domanda totale resta comunque inferiore al 30%. Sarà fondamentale la ripresa del ciclo degli investimenti frutto anche di un mutato rapporto con il mondo del credito.

 


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Il punto di vista di Vasco Galgani - Presidente Unioncamere Toscana

 

 

"La diminuzione del Pil regionale del 2,1 per cento registrata nel 2012 è un segnale eloquente per le imprese, le famiglie, le istituzioni. E arriva dopo quasi due anni di dati negativi - sottolinea Vasco Galgani, Presidente di Unioncamere Toscana - Come se non bastasse, segnali di debolezza iniziano a pervenire anche dall'export, storicamente traino per le nostre imprese, sintomo che i mercati internazionali da soli non sono più sufficienti per alimentare le aspettative di ripresa. Per invertire la rotta serve una forte scossa, indispensabile per far sì che la Toscana torni a fare leva sulle proprie potenzialità e sulle capacità imprenditoriali di cui dispone".

Galgani chiede alle istituzioni un cambio di passo: "Si metta il lavoro al primo posto dell'agenda europea nel prossimo vertice del 27 e 28 giugno, si cancelli l'aumento dell'Iva che altrimenti scatterebbe fra 20 giorni e la Toscana si impegni sulla strada dello sviluppo; a iniziare da quel grande sforzo per l'ammodernamento infrastrutturale del territorio, elemento cardine senza il quale nessuna crescita economica e sociale sarà possibile".

Galgani rivolge un appello anche al mondo delle Camere di commercio: "Sono state fra i soggetti che in questo difficile periodo hanno dato un contributo fondamentale per far sopravvivere il territorio. Ora dobbiamo rendere il nostro intervento ancora più virtuoso. Le risorse sono sempre meno e non possiamo più permetterci che vadano disperse in mille rivoli o siano divise fra organismi sovrapponibili. Ed è in quest'ottica che bisogna ragionare per la promozione, l'accesso al credito e l'internazionalizzazione, che oggi più che mai hanno bisogno di soggetti unici e condivisi per soddisfare i bisogni delle imprese".

 

 

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